Dall’intuizione allo studio più puro e teorico, fino alla sperimentazione e allo sviluppo di un prodotto originale e innovativo o di un nuovo processo industriale: la realizzazione di un progetto in R&S porta all’impresa vantaggi in termini economici, strategici e competitivi, ma anche, su larga scala, valore per l’economia e la società.
Per supportare le aziende italiane che investono nel percorso di ricerca, ma anche nell’introduzione di design rinnovati per i propri prodotti, o di servizi digitali significativamente migliorati, il credito d’imposta R&S&I finanzia le spese sostenute per integrare scienza e tecnologia nei più diversi ambiti; per sviluppare nuovi materiali, mettere a punto strumenti di analisi all’avanguardia, automatizzare la produzione.
Ecco le novità 2024: le aliquote dal primo gennaio, la comunicazione ex ante prevista dal decreto “fisco-superbonus” approvato in CdM martedì scorso e il punto sulla certificazione retroattiva.
L’ultima edizione dell’Annuario Statistico Italiano, pubblicata dall’Istat alla fine del 2023, parla chiaro: nel 2021 la spesa complessiva per ricerca e sviluppo intra-muros, effettuata da imprese, istituzioni pubbliche e private non profit, e università, si stima ammonti a circa 26 miliardi di euro, con un aumento del 3,8% rispetto all’anno precedente.
Il dato è notevole, ma si ridimensiona se incasellato nel più ampio contesto continentale, che vede l’Italia al quindicesimo posto in classifica e al di sotto della media Ue per incidenza percentuale della spesa in R&S sul prodotto interno lordo (intensità di ricerca).
L’indicatore nel 2021 si ferma infatti all’1,43%, in diminuzione rispetto all’anno precedente (1,51%) e ben lontano dal 2,27% medio dell’Unione nel complesso, dove a primeggiare, nello stesso anno, sono stati Belgio (3,43%), Svezia (3,40%), Austria (3,26%), Germania (3,13%) e Finlandia (2,99%).
È assodato che le attività di R&S delle imprese creano valore per l’economia e la società nazionali, con un impatto in termini produttivi, umani e ambientali.
Come volàno in grado di generare effetti positivi sull’occupazione, sulle filiere e, di fatto, a livello di crescita sociale, la ricerca e lo sviluppo sono da anni incentivate con agevolazioni settoriali o territoriali e crediti d’imposta.
Qui un indice degli argomenti:
Credito d’imposta R&S&I, riferimento “quasi strutturale”
Per le imprese che intendono avviare investimenti in ricerca e sviluppo, transizione ecologica, innovazione tecnologica 4.0 e altre attività innovative, il punto di riferimento è il credito d’imposta R&S, istituito nel 2013 e, attraverso diverse, sostanziali modifiche normative, attivo fino al 2025 o 2031 a seconda della destinazione. Un’agevolazione strutturale, o quasi, che presta ancora il fianco alla possibilità di pianificazione da parte delle aziende.
Era stata in particolare la Legge di bilancio 2022 a prorogarne la validità e a rimodularne le percentuali: il credito d’imposta per investimenti in ricerca e sviluppo, prorogato sino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2031, dal 2023 è attribuito nella misura del 10% e nel limite di 5 milioni di euro; il credito d’imposta per le attività di innovazione tecnologica e di design e ideazione estetica è prorogato fino al periodo d’imposta 2025, con una percentuale del 5% a partire dal 2024 e un limite annuo di 2 milioni di euro. Anche il credito di imposta per le attività di innovazione tecnologica finalizzate alla realizzazione di prodotti o processi di produzione nuovi o sostanzialmente migliorati per il raggiungimento di un obiettivo di transizione ecologica o di innovazione digitale 4.0, sarà attivo fino al 2025, determinato al 5% per i periodi d’imposta 2024 e 2025, nel limite di 4 milioni.
Nel 2024 le stesse condizioni si applicano anche alle attività di ricerca e sviluppo nel Mezzogiorno, per cui la legge di Bilancio 2021 aveva previsto aliquote maggiorate ad oggi non più disponibili.
Novità credito d’imposta R&S&I: comunicazioni ex ante ed ex post
Il decreto “fisco-superbonus” approvato il 26 marzo 2024 dal Consiglio dei Ministri e non ancora pubblicato (ad oggi è disponibile una bozza, scaricabile qui), all’articolo 6, prevede, a partire dalla data in cui entrerà in vigore, l’obbligo di comunicazione preventiva per le attività di ricerca e sviluppo (nonché per gli investimenti 4.0) che fruiscono dei crediti di imposta. Impone anche una .
Le imprese interessate dovranno dunque comunicare in anticipo al Mimit l’ammontare programmato delle spese per ricerca e sviluppo e la presunta ripartizione temporale della fruizione del credito di imposta da esse generato a decorrere dall’entrata in vigore del Dl. La comunicazione dovrà essere successivamente ribadita ex post con gli importi aggiornati, dopo aver completato gli investimenti agevolabili per poter avviare la compensazione dei crediti.
Per le comunicazioni – preventiva e finale – è ad oggi disponibile la modulistica prevista dal comma 161 della legge 160/2019 (decreto Mise 6 ottobre 2021), che verrà opportunamente adeguata da un successivo Dm Mimit (non è previsto un termine di emanazione).
E il bollino anti-contestazioni? A che punto siamo
Una certificazione delle attività da svolgere (o anche già svolte), per mettere nero su bianco l’idoneità del progetto di ricerca e sviluppo ed evitare possibili contestazioni. Un perimetro per «favorirne l’applicazione in condizioni di certezza operativa», scongiurando attriti tra imprese e Agenzia delle Entrate al momento dei controlli fiscali.
Potrebbe giungere presto a una conclusione l’annosa questione della certificazione dei progetti di ricerca, sviluppo, innovazione tecnologica, design e innovazione estetica, beneficiari di credito d’imposta. Se non sono già stati notificati atti ricupero o verbali di constatazione, la certificazione sarebbe destinata ad avere effetti vincolanti per il Fisco, che non potrebbe contestare la qualificazione delle attività e dunque la loro conformità ai requisiti di legge.
La procedura per bollinare i progetti non è ancora stata completamente delineata dalle istituzioni; tuttavia alla fine di febbraio è stato posto un primo tassello in questa direzione con l’attivazione della piattaforma online per inserire le candidature dei certificatori. L’Albo sarà a tutti gli effetti operativo solo dopo la pubblicazione del decreto direttoriale Mimit che dovrà fissare le modalità tecniche per formalizzare l’iscrizione. Ancora in stand by anche un altro decreto direttoriale con cui dovrà prendere forma lo scambio di informazioni tra il Mimit e l’amministrazione finanziaria, passaggio cruciale per il controllo sulle certificazioni e sulla corretta applicazione e fruizione dei benefici fiscali.
Altro pezzo ancora mancante sono le linee guida che dovranno definire il perimetro dell’applicazione del credito d’imposta nel tempo, nonché gli schemi di certificazione da utilizzare a seconda delle diverse tipologie di investimenti, attività e settori economici. Il contenuto della certificazione deve infatti essere coerente con queste linee guida, di cui si era annunciata pubblicazione entro il 31 dicembre 2023.