Qui un indice degli argomenti:
Sommario
Ha sollevato un polverone la vicenda “credito d’imposta ZES”; il Governo attende dall’Agenzia delle Entrate un’ulteriore verifica sulle 16 mila domande arrivate dalle imprese, che in un solo mese di apertura della finestra per l’invio delle richieste d’incentivazione, hanno”prenotato” un ammontare complessivo di 9,45 miliardi di euro, a fronte degli 1,8 stanziati con l’ultima Legge di bilancio. Lo scostamento tra domanda e offerta ha costretto l’Agenzia a ridurre fortemente la previsione delle agevolazioni potenzialmente spettanti per i richiedenti. Aspre polemiche hanno tenuto banco nel corso delle ultime settimane. Ecco gli scenari che si aprono oggi per le aziende che hanno aderito all’iniziativa.
Grande successo o grande fallimento? L’operazione credito d’imposta ZES Unica ha sollevato un polverone, non ancora dissolto.
La finestra di adesione (dal 12 giugno al 12 luglio 2024) ha infatti registrato un vero e proprio boom di domande, presentate da 16.064 imprese, per un valore di 9,45 miliardi, a fronte di risorse stanziate per soli 1,8 miliardi di euro. Le richieste sono state cinque volte superiori alla dotazione finanziaria.
Il riparto: non proprio una sorpresa
E così è entrato in gioco il meccanismo del riparto a favore di tutti i richiedenti, esattamente nei temini previsti dalle normative. Il risultato del riparto è stato reso noto dalle Entrate con il Provvedimento Direttoriale del 22 luglio 2024, diramato una volta preso atto dell’ammontare complessivo dei crediti d’imposta richiesti in base alle comunicazioni validamente presentate.
L’Agenzia ha dunque comunicato che la percentuale del credito d’imposta effettivamente fruibile da ciascun beneficiario è il 17,6668% dell’importo richiesto (meno di un quinto rispetto alla misura massima possibilmente spettante).
La possibilità che l’importo dell’incentivo potesse essere inferiore a quanto richiesto dalla singola impresa era d’altra parte ben noto, previsto all’interno della stessa procedura di assegnazione delle risorse, adottata mediante decreto. Ciò non ha impedito l’accendersi di un animato dibattito che ha coinvolto il Ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR, Raffaele Fitto, i rappresentanti dei partiti di opposizione, le associazioni di categoria, e perfino il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini.
Scenari possibili
1 • Rideterminazione aliquota
A bocce ferme, l’obiettivo del ministro Fitto è una rideterminazione dell’aliquota del 17,6668% calcolata dalle Entrate per un possibile recupero verso l’alto (le percentuali di credito d’imposta inizialmente promesse dal Governo toccavano quota 60%).
«Per me non c’è il 17%, è un provvedimento che ho già detto di non condividere», aveva dichiarato nei giorni scorsi il ministro a Il Sole 24 Ore, accusando il direttore delle Entrate di aver pubblicato il provvedimento di riparto senza un «confronto preventivo».
«Potremo comunicare una nuova percentuale soltanto quando avremo tutti i dati che abbiamo chiesto», aveva ribadito Fitto al quotidiano.
2 • Rifinanziamento
Si recuperasse anche qualche punto percentuale, lo scarto tra istanze e dotazione resta ampio. L’esigenza di «ulteriori coperture finanziarie», è stata espressa, oltre che dallo stesso Fitto, anche da Natale Mazzuca, vicepresidente Confindustria con delega alle Politiche Strategiche e lo Sviluppo del Mezzogiorno, che ha riferito a Il Sole 24 Ore: «il recente provvedimento di riparto delle risorse sta generando forti preoccupazioni. Per questo con il Governo dovremo lavorare insieme per individuare la reale necessità di risorse e impegnarci per incrementare quelle disponibili, adeguandole il più possibile alla domanda delle imprese e sfruttando ogni strumento utile». Inoltre, per il vicepresidente di Confindustria, «occorrerà assicurare al credito di imposta un orizzonte pluriennale, favorendo la pianificazione degli investimenti».
3 • Rinunce
Ha ribadito il ministro Fitto nel corso di un’informativa urgente alla Camera, in agenda la settimana scorsa: «della somma “prenotata”, soltanto 167 milioni rappresentano investimenti già realizzati, fatturati e certificati e altri 83 milioni realizzati, ma non fatturabili e certificati. Siamo a luglio, il termine [N.d.R: per concludere gli investimenti “prenotati”] è il 15 novembre 2024».
Tutta da dimostrare, dunque, l’attendibilità di dichiarazioni che prevedono 9,2 miliardi di investimenti da completarsi nell’arco di soli quattro mesi. In quest’ottica, è probabile che le rinunce di molti aspiranti beneficiari, magari eleggibili per altre misure d’incentivazione non cumulabili, consentano di incrementare sensibilmente la percentuale a consuntivo.
D’altro canto, le imprese che porteranno avanti investimenti “validi” (ben pianificati, rispettosi dei perimetri della specifica agevolazione e, naturalmente, documentati) potranno con buona probabilità contare sulle risorse che si sbloccheranno dopo febbraio 2025, quando, in seguito alle rinunce, sarà determinata una nuova ripartizione.