Cloud computing, cybersecurity, applicazioni IA, IoT: allerta per le imprese che hanno in programma un investimento in beni immateriali 4.0 “stand alone”. Con la fine dell’anno scatta una riduzione dell’intensità del credito d’imposta spettante per l’adozione di queste sofisticate tecnologie. Acquistando o ordinando i nuovi software e sistemi entro il 31 dicembre 2024, è ancora disponibile l’aliquota più alta del 15%. Dal primo gennaio 2025 il beneficio si ridurrà al 10%. In un panorama industriale sempre più maturo dal punto di vista digitale non si può restare indietro; acquisire nuove soluzioni digital per aumentare efficienza e produttività è più facile con la giusta strategia agevolativa.
Nei primi tre anni di applicazione del Piano Transizione 4.0, dal 2020 al 2022, le imprese italiane hanno maturato complessivamente 29 miliardi di euro di credito d’imposta per investimenti destinati alla digitalizzazione del sistema produttivo, con ricadute positive sull’occupazione e sui ricavi. È quanto emerge dal “Rapporto intermedio di valutazione dell’impatto economico degli interventi del “Piano Transizione 4.0” pubblicato a fine novembre 2024 e redatto da un Comitato scientifico composto da rappresentanti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, del Ministero delle Imprese e del Made in Italy e della Banca d’Italia.
Se la gran parte dei benefici concessi nel triennio è servita a sostenere l’acquisizione di beni materiali hi-tech, come robot, macchine utensili, motrici e operatrici o magazzini automatizzati, sono molti i casi di aziende che hanno fruito dei crediti d’imposta 4.0 per dotarsi di innovativi software “stand alone” (quindi non strettamente necessari al funzionamento di macchinari 4.0).
A orientarsi su questo tipo di implementazione sono state soprattutto le micro e piccole imprese italiane, che hanno ottenuto quasi il 50% dei crediti d’imposta per beni immateriali 4.0 e rappresentato il 70% dei beneficiari, secondo il Rapporto.
Qui un indice degli argomenti:
Nel Nordest, quasi il 75% delle imprese è 4.0
Numeri che trovano riscontro “locale” nell’indagine dell’Osservatorio Industria 4.0 di Smact e Intesa Sanpaolo sull’adozione delle tecnologie 4.0 da parte delle aziende del Triveneto, presentata pochi giorni fa.
Un campione di 252 imprese in Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige; per la maggior parte micro-piccole, nei settori di meccanica, elettronica ed elettrotecnica, alimentare e bevande, ICT e life science. Dall’indagine, volta ad esplorarne i percorsi di innovazione, emerge che circa i tre quarti del campione risultano “essere 4.0” con almeno una tecnologia adottata anche nelle aziende più piccole (oltre il 60% di queste ultime utilizza almeno un dispositivo 4.0).
Tra le tecnologie con la maggiore penetrazione (dopo la robotica) ci sono quelle “immateriali”, legate all’archiviazione, trasmissione, e analisi dei dati, utilizzate dal 44% delle aziende oggetto dello studio; il 30% circa del campione ha integrato soluzioni di cloud computing e il 24% di cybersecurity. Minori ma comunque significative le percentuali di adozione di sistemi di blockchain e tracciabilità (14%), Internet of Things (11%) e Intelligenza Artificiale (7%).
“Essere 4.0”: i vantaggi della digitalizzazione
Le imprese nordestine intervistate dal Competence Center SMACT hanno anche rivelato i principali obiettivi raggiunti grazie alla transizione verso il paradigma 4.0: una lunga classifica, che vede in testa l’automazione e il monitoraggio dei processi, e al secondo posto l’aumento della velocità di produzione.
Risultati non molto distanti da quelli evidenziati da un’ulteriore recentissima ricerca, questa volta condotta dal Laboratorio RISE dell’Università degli Studi di Brescia su 211 aziende manifatturiere italiane, che hanno identificato come principali benefici dell’adozione di tecnologie digitali l’aumento dell’efficienza e della produttività, l’aumento del livello di servizio al cliente e l’aumento della qualità del prodotto e dei processi.
Nuove soluzioni digital: come programmare al meglio l’investimento
Digitalizzare è indispensabile per irrobustire la presenza sul mercato e migliorare la competitività all’interno di un’industria che corre sempre più veloce e non aspetta nessuno. Gli incentivi a disposizione delle aziende che intraprendono questo percorso restano fondamentali per favorire l’introduzione di nuove soluzioni.
Ma attenzione: per mettere a terra la migliore strategia agevolativa serve specializzazione. E un occhio di riguardo alle scadenze.
Come quella che coinvolgerà l’intensità del credito d’imposta investimenti in beni immateriali 4.0, in décalage dal 15% al 10% dal primo gennaio del prossimo anno.
Un’impresa che intenda effettuare un nuovo investimento in beni immateriali 4.0 dovrà tenerne conto per programmare al meglio l’acquisto.
31 dicembre 2024 e primo gennaio 2025: spartiacque che vale cinque punti percentuali
Secondo la disciplina vigente, se il nuovo investimento in un bene immateriale 4.0 verrà effettuato (o prenotato con conferma d’ordine e versato acconto del 20%) entro il 31 dicembre 2024, senza superamento per il 2024 del plafond massimo di un milione di euro di spesa ammissibile, l’aliquota agevolativa applicabile al nuovo investimento sarà pari al 15% del costo.
Se il nuovo investimento verrà effettuato (o prenotato) entro il 31 dicembre 2024, ma nel 2024 verrà superato il plafond di investimento di un milione di euro, l’aliquota agevolativa applicabile sul nuovo investimento sarà pari a zero: consigliabile dunque posticipare l’investimento al 2025.
Se il nuovo investimento verrà effettuato nel 2025 (senza prenotazione nel 2024), sotto il plafond di un milione, l’aliquota agevolativa applicabile al nuovo investimento sarà pari al 10%.
Importante infine sottolineare che, salvo proroghe per ora non previste, il 2025 è l’ultimo anno di disponibilità del credito d’imposta concesso per l’acquisizione di beni strumentali 4.0.